Ippopotamo
Regno
Phylum
Subphylum
Classe
Ordine
Famiglia
Genere
SPECIE
Hippopotamus amphibius
Dimensione della popolazione
125-148 Thou
Durata
40-50 years
Massima velocità
30
19
km/hmph
km/h mph 
Peso
1-4.5
2204.6-9920.8
tlbs
t lbs 
Altezza
2
5
mft
m ft 
Lunghezza
2.7-3.5
8.9-11.5
mft
m ft 

L'ippopotamo (Hippopotamus amphibius) è un grosso mammifero erbivoro africano. È una delle due specie ancora viventi della famiglia Hippopotamidae (altre due si sono estinte in tempi recenti).

Aspetto

L'ippopotamo ha una lunghezza testa-corpo da 3,30 a 3,75 m ed è alto al garrese 1,50 m; il peso va da 1,4 a 3 t (i maschi sono nettamente più grossi delle femmine), ma alcuni esemplari particolarmente grandi possono raggiungere i 3500-4500 kg. Si registra una pressione mascellare di circa 77 kg/cm² (1500 psi) e una pressione complessiva del morso pari a quasi 800 kg forza (8000 N).

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L'ippopotamo ha un aspetto tozzo: le zampe sono corte, la testa è grande e prominente, proporzionata al grosso corpo glabro e di forma cilindrica. Nonostante la mole e la curiosa struttura corporea, questo animale è però piuttosto agile. In caso di necessità può caricare – o scappare – a circa 40 km/h. Quando esce dall'acqua, sa inerpicarsi facilmente anche su sponde ripide con l'aiuto delle pur corte zampe. La sua goffa andatura è la conseguenza di un adattamento improntato alla vita acquatica. La conformazione della testa è perfetta per consentire all'ippopotamo di restare immerso a lungo: i grandi occhi, le narici e le orecchie, piccole e mobili, sono situati nella parte superiore del muso e si trovano sullo stesso piano (spesso restano le sole parti visibili). Quando si immerge, le narici e le orecchie si chiudono.

La pelle dell'ippopotamo è quasi glabra: i soli peli che possiede sono le vibrisse (peli tattili), che ricoprono il largo muso, e i peli rigidi sulla punta della coda.

L'ippopotamo fa parte dell'ordine degli artiodattili, cioè degli ungulati che hanno un numero pari di dita. Le zampe terminano con 4 dita di dimensioni uguali; gli zoccoli somigliano più a delle unghie. Per nuotare, l'ippopotamo utilizza le zampe. Osservandolo muoversi sott'acqua, per esempio nelle sorgenti Mzima del Parco nazionale Tsavo, in Kenya, dove l'acqua è straordinariamente trasparente, si direbbe che stia volando. La sua densità corporea è di poco superiore a quella dell’acqua, per questo cammina delicatamente sul fondo come se saltellasse.

Gli adulti hanno da 36 a 40 denti, perché gli incisivi possono variare da 4 a 6. I canini sono a crescita continua e possono raggiungere i 50 centimetri di lunghezza per 3 chilogrammi di peso nel maschio e un chilogrammo nella femmina. Aguzzi e taglienti, spuntano verso l'esterno come le zanne, costituendo un'arma temibile. Il primo molare, presente nella dentizione di latte, non viene mai rimpiazzato da un dente definitivo. Può quindi restare a lungo in bocca all'animale poiché nessun altro dente lo fa cadere per sostituirlo. A causa della loro gigantesca mole e della forza sbalorditiva gli ippopotami sono considerati come alcuni tra i più pericolosi animali della Terra. In Africa essi vengono visti come più pericolosi addirittura dei leoni.

L'ippopotamo perde molta acqua per evaporazione. Si è calcolato che la sua pelle lascia evaporare, su una superficie di 5 centimetri quadrati, 12 milligrammi di acqua in dieci minuti, cioè da tre a cinque volte la quantità che si disperde nell'uomo. L'abbondante traspirazione dipende dal fatto che lo strato corneo protettivo è molto sottile, e per di più esso manca di ghiandole sebacee che possano secernere materie grasse per isolare l'animale dai raggi solari. In compenso, la pelle è provvista di ghiandole cutanee che producono un liquido vischioso e alcalino, contenente molti sali minerali, che con la luce prende riflessi rossi, dando l'impressione che il corpo dell'animale trasudi sangue. Questa secrezione, che fa da schermo contro la disidratazione quando l'ippopotamo si trova fuori dell'acqua, probabilmente ha anche una funzione cicatrizzante.

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video

Ippopotamo mappa dell'habitat
Ippopotamo
Public Domain Dedication (CC0)

Dieta e nutrizione

L'ippopotamo mangia poco in proporzione al suo peso corporeo. La razione quotidiana di cibo, 40 chilogrammi di erba fresca, è pari all'1-1,5 per cento del suo peso, mentre per tutti gli altri ungulati (o animali con gli zoccoli) il fabbisogno giornaliero di alimenti corrisponde al 2,5 per cento del peso. Salvo in casi particolari, le zone di pascolo si trovano in media tra 2,8 e 3,2 chilometri di distanza da un punto d'acqua, ma in caso di carestia l'ippopotamo può spingersi fino a dieci chilometri, da solo o aggregandosi in piccoli gruppi; durante la stagione secca, questo mammifero è anche capace di digiunare per lungo tempo. È stato documentato che in caso di penuria di cibo l'ippopotamo si può comportare da carnivoro spazzino o addirittura da cannibale.

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Gli ippopotami possono anche cominciare a cercare il cibo spostandosi per parecchi chilometri lungo il corso d'acqua: per raggiungere la terraferma, notte dopo notte, ripercorrono sempre gli stessi passaggi, che finiscono per essere scavati tanto profondamente da sfondare gli argini.

L'alimentazione è costituita da diverse specie di graminacee dei generi Panicum, Urocholora o Cynodon. La dieta è composta da una decina di graminacee differenti, a seconda dei luoghi. Gli ippopotami sono molto selettivi nelle scelte e preferiscono le specie più gustose, trascurando le altre. Per esempio, non amano le specie del genere Spirobolus. Il menu varia da regione a regione, in ciascuna delle quali si trovano "specialità" locali: in una riserva del Natal, nella Repubblica Sudafricana, per esempio, gli ippopotami mangiano soprattutto Panicum maximum e Cynodon dactylon (gramigna).

La fisiologia digestiva dell'ippopotamo è abbastanza particolare. Pur non essendo un ruminante, possiede un enorme stomaco di forma ricurva, suddiviso in quattro cavità, il che rallenta il transito degli alimenti e aumenta la loro assimilazione nell'intestino. L'apparato digestivo è ben adattato alle sue necessità. Esso ospita dei protozoi ciliati, organismi unicellulari che aiutano a digerire la cellulosa dei vegetali. Per questo, l'ippopotamo non ha bisogno di ingerire quotidianamente grandi quantità di cibo.

Il transito degli alimenti prima nello stomaco e poi nell'intestino dura ventiquattro ore, prolungandosi nelle ore di riposo diurno dell'animale. Forse non tutto il cibo viene digerito nella giornata che segue il pasto notturno: quindi una certa quantità d'erba può accumularsi nello stomaco, costituendo una preziosa riserva in caso di necessità.

Dopo il passaggio dell'ippopotamo, i pascoli sembrano prati ben tosati. Questo mammifero "taglia" infatti l'erba alla base con le labbra, che sono rese rigide da uno strato corneo di pelle il cui spessore può raggiungere i cinque centimetri, strappandola con un rapido movimento della testa.

Il piccolo ippopotamo comincia a masticare erba accompagnando la madre nelle zone di pascolo durante le spedizioni notturne: allora cammina vicino alla testa della femmina e, se altri giovani nati in parti precedenti sono presenti, questi seguiranno tutti la madre, il più giovane subito dietro, il più vecchio chiudendo la fila.

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Abitudini di accoppiamento

COMPORTAMENTO DI ACCOPPIAMENTO

Gli ippopotami maschi non si riproducono prima dei 6-13 anni, le femmine non sono ricettive prima dei 7-15 anni.

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I piccoli nascono sempre durante la stagione delle piogge, perciò i parti avvengono una volta all'anno nelle regioni in cui vi è una sola stagione delle piogge, per esempio nell'Africa meridionale; al contrario, dove questa si ripete, come nell'Africa orientale, le nascite si verificano due volte all'anno. Gli accoppiamenti avvengono con un anticipo di 227-240 giorni nella stagione secca. L'estro, ovvero il momento in cui la femmina ha l'ovulazione, dura tre giorni circa. Essa mette al mondo il suo piccolo in acque poco profonde o anche sulla terraferma, in una zona ben riparata dai nemici che vedono nel neonato una preziosa risorsa di carne. Poi lo difende ferocemente dai grandi predatori e dai maschi adulti della sua stessa specie.

Dopo il parto, la femmina resta isolata per una decina di giorni prima di raggiungere il resto del gruppo. Il tasso di mortalità infantile è molto elevato: fino al 45 per cento durante il primo anno di vita e del 15 per cento nel secondo. Poi si abbassa in modo considerevole fino al 4 per cento annuo degli adulti.

Il piccolo resta con la madre fino alla nascita di un fratellino, o anche più a lungo; capita spesso infatti di incontrare femmine circondate da vari giovani di età diverse.

In media le nascite avvengono ogni 24 mesi: 8 mesi di gestazione, un anno di allattamento e quindi altri 4 mesi senza estro, cioè di riposo completo. Solo il 10 per cento delle femmine viene fecondato nei pochi giorni, tra il parto e l'allattamento, in cui il ciclo riprende. Raramente nascono dei gemelli.

La femmina ha due mammelle inguinali, cioè situate molto in basso, vicino all'inguine: il piccolo vi si attacca spesso per la poppata stando sott'acqua, quando la madre è in immersione. E comunque poppa in apnea, a narici e orecchie chiuse, anche sulla terraferma.

I piccoli dell'ippopotamo imparano a nuotare prima che a camminare. Utilizzano il dorso della madre per riposarsi sulla superficie dell'acqua, dato che possono restare in apnea uno o due minuti soltanto, mentre gli adulti resistono facilmente anche cinque minuti.

La crescita è rapida: alla nascita il peso è di circa 30-50 chilogrammi, a un anno è di ben 250 chilogrammi.

A dodici anni viene raggiunta la maturità sessuale, e allora l'ippopotamo diviene un possibile rivale per l'adulto. I dominanti tollerano appena i giovani, ma tutto va liscio se questi, e soprattutto i maschi quasi adulti, assumono un atteggiamento rispettoso nei confronti dei primi; se poi compiono le "defecazioni di sottomissione" di rigore, è ancora meglio.

La longevità va dai trenta ai quarant'anni; la lunghezza media della vita si abbassa se si considera l'elevata mortalità giovanile.

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Popolazione

Nicchia ecologica

La valle del Nilo ospita ancora gli ippopotami, ma questi non si spingono oltre Khartum, in Sudan. L'ultimo esemplare egiziano è stato ucciso nel 1816. Nel XIX secolo gli ippopotami erano presenti fino alla provincia del Capo, oggi essi vivono ancora nello Swaziland e nella Repubblica Sudafricana, ma solo fino alla laguna di Santa Lucia. Entro questi confini (Khartum a nord, provincia del Capo a sud), la loro densità si è notevolmente ridotta. L'ippopotamo ha abbandonato il Sahara e le aree limitrofe a causa del cambiamento di clima, ma altrove la sua scomparsa è certo da attribuire alla presenza dell'uomo. Alcuni gruppi di ippopotami si sono installati nell'isola di Mafia dopo aver attraversato un braccio di mare: questa piccola isola dell'Oceano Indiano infatti non è mai stata attaccata al continente perché è separata dalla Tanzania (da cui dista una trentina di chilometri) da acque troppo profonde.

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Nei territori interni l'ippopotamo può vivere fino a 2000 metri di altitudine, dove sembra ben sopportare la temperatura che scende quasi a 0 °C sul far del mattino durante la stagione secca.

In tutti i territori in cui vive, questo animale contribuisce alla sopravvivenza di numerose altre specie e l'apporto all'ecosistema del suo habitat è notevole. Spargendo il suo sterco concima infatti le praterie e il fondo dei fiumi, nei quali di conseguenza le creature acquatiche trovano una grande abbondanza di principi nutritivi. Nelle regioni in cui questi animali vivono numerosi, i pesci si riproducono in gran quantità e diversi ungulati utilizzano pascoli altrettanto ben concimati. La densità ideale sarebbe di 7,7 animali per chilometro quadrato. Oltre a ciò, vi è un bell'elenco di specie che utilizzano il dorso di questo animale come luogo "di soggiorno": uccelli (ombrette, sgarze, guardabuoi), tartarughe d'acqua dolce e persino piccoli coccodrilli.

L'abitudine dell'ippopotamo di strappare l'erba raso al suolo nelle sue zone di pascolo contribuisce a evitare gli incendi di savana in un raggio di tre chilometri lungo le sponde dei corsi d'acqua. Oltre a risparmiare le macchie di alberi, quando consuma il pasto, questo animale le preserva così anche dal fuoco: per di più, le piante possono moltiplicarsi e alcune specie che finirebbero per scomparire si conservano in vita. Il che a volte causa seri guai agli ippopotami: infatti alberi e cespugli possono invadere progressivamente i pascoli provocando di conseguenza la scomparsa dell'animale. Lungo le sponde del fiume Mara, in Kenya, si verificano sicuramente dei cicli biologici (così lunghi che è difficile seguirli) prateria-foresta-ippopotami: lo sviluppo delle piante fa allontanare gli animali privati dell'erba, ma attira gli erbivori con un regime alimentare meno ristretto, come gli elefanti. Il ciclo può poi ricominciare: gli elefanti mangiano gli alberi, le cui fasi di ricrescita sono più lunghe, lasciando posto all'erba che attira gli ippopotami. Attualmente una delle due rive del fiume è molto più boscosa e gli ippopotami sono perciò piuttosto rari. A quanto pare, quindi, questi animali potrebbero facilitare la crescita degli alberi divenendo essi stessi responsabili della propria scomparsa.

Può anche succedere che troppi ippopotami abitino nella stessa regione causando danni considerevoli all'ambiente. Ciò è accaduto in Uganda negli anni trenta, intorno ai laghi Edoardo e Giorgio. Allora fu deciso di ridurre la densità media da 20 a 8 animali per chilometro quadrato. A partire dal 1957, per 5-6 anni, sono stati uccisi circa mille esemplari l'anno (7000 in tutto), la cui carne, molto pregiata, è stata distribuita alle popolazioni locali. Ben presto si sono visti i buoni risultati sul paesaggio: la vegetazione, e in particolare l'erba, ha cominciato a rispuntare. Altri ungulati sono tornati nei pascoli. Quanto agli ippopotami, si è osservato che l'età della maturità sessuale era passata da dodici a dieci anni, e che la percentuale di piccoli nati in un anno in ogni gruppo era salita dal 6 al 14 percento, segno evidente di una popolazione in buono stato.

In genere un ippopotamo adulto non ha nemici naturali, anche se i piccoli talvolta vengono predati da iene, coccodrilli e leoni. Questi ultimi due possono anche attaccare esemplari adulti, anche se con elevato rischio di morte. Sono registrati casi di coccodrilli che hanno ucciso esemplari adulti grazie al potente morso (anche se spesso con gravi lesioni) e di gruppi di leoni che hanno fatto lo stesso. In alcune aree la pratica può sembrare addirittura frequente, e ha portato alla nascita di coccodrilli o branchi di leoni “specializzati” in questa caccia, soprattutto verso le femmine adulte. In altri casi un singolo leone ha attaccato dal retro ippopotami adulti. Questi attacchi possono comunque costare al predatore la vita. Un esempio di questi attacchi, non confermato, potrebbe essere quello di Gustav, il famigerato coccodrillo assassino che si diceva attaccasse abitualmente ippopotami e rinoceronti adulti.

Gli ippopotami sono tra gli erbivori più aggressivi, assieme al bufalo africano, che può anch'esso diventare ferocissimo. Sono il maggior pericolo per l'uomo in Africa e talvolta hanno messo in fuga anche elefanti e rinoceronti. In acqua l'Ippopotamo è ancora più veloce e letale: negli anni sessanta, alle foci del fiume Santa Lucia in Sudafrica, un esemplare riuscì a uccidere uno squalo Mako che lo aveva attaccato.

Si stima che gli ippopotami siano responsabili di 500-3000 decessi umani per anno, molto spesso su provocazione dell’uomo.

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Coloring Pages

Riferimenti

1. Ippopotamo articolo su Wikipedia - https://it.wikipedia.org/wiki/Hippopotamus_amphibius
2. Ippopotamo sul sito della Lista Rossa IUCN - http://www.iucnredlist.org/details/10103/0

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