Lupo italiano
Il lupo grigio appenninico o lupo italiano (Canis lupus italicus Altobello, 1921) è una sottospecie del lupo grigio indigeno della penisola italiana continentale. Sebbene non sia universalmente accettato come una sottospecie a parte dal tipico lupo grigio europeo, possiede aplotipi e una morfologia cranica distinta.
Grazie alla tutela iniziata negli anni novanta del secolo scorso, l'areale del lupo grigio appenninico si è espanso occupando dapprima tutte le zone montuose degli Appennini, quindi le Alpi Occidentali e successivamente la Francia, la Svizzera e la Spagna sud-orientale.
È considerato da alcuni come l'animale nazionale dell'Italia, sebbene la definizione non sia ufficiale.
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NotturnoCa
CarnivoroIn zoologia si definisce carnivoro un animale con una dieta consistente in massima parte di carne. In un senso più generale, un animale viene cons...
Sc
SciacalloVi
ViviparoLa viviparità è un tipo di riproduzione in cui lo sviluppo embrionale avviene all'interno dell'organismo materno. Il termine può riferirsi sia a...
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TerrestreCu
CursorialeCa
Cacciatore di branchiPr
Predatore da inseguimentoPr
Predatore da imboscataAl
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NomadeTe
TerritorialeIn etologia, sociobiologia ed ecologia comportamentale, con il termine territorio si indica una qualsiasi area sociografica che un animale di una p...
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MonogamoLa monogamia, in etologia, per le specie a riproduzione sessuata è una forma di unione sessuale a carattere esclusivo, in contrapposizione alla po...
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SocialeGe
Gerarchico da dominanzaNo
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inizia conIl lupo grigio appenninico è grande quanto un cane da pastore tedesco. Un sondaggio su vari campioni rinvenuti in tutt'Italia dal 1974 al 1990 mostra una lunghezza del corpo media di 109–148 cm e un'altezza al garrese dai 49–73 cm. Gli esemplari segnalati nelle Alpi italiane pesano dai 28 ai 34 kg, con almeno un esemplare pesante 44 kg segnalato presso Entracque. Il cranio del lupo grigio appenninico si distingue da quello del lupo grigio europeo dalle sue apofisi e creste più rotondeggianti, e la dentizione meno robusta, con canini meno ricurvi. Altri tratti distintivi nel cranio includono un palato snellito tra i primi premolari, un osso frontale largo e un osso jugale meno sviluppato.
Il manto invernale è grigiastro, con peli scuri sul dorso. Durante l'estate il manto è meno folto e mostra colore più marroncino-rossastro. Sugli arti anteriori sono presenti sottili strisce scure sull'articolazione della zampa. Gli esemplari neri, segnalati negli Appennini centro-settentrionali, sembrano aver ereditato l'allele Kb responsabile per il melanismo da incroci con i cani. Al contrario dei lupi nordamericani, che ereditarono l'allele all'incirca tra i 10 000 e i 15 000 anni fa, la presenza del Kb sembra essersi introdotto nei lupi italiani più recentemente, dato che non furono segnalati esemplari neri prima del 1982, e i lupi neri italiani dimostrano un fenotipo più variabile dei lupi neri nordamericani. Non ci sono segnalazioni di esemplari bianchi.
In Italia la dieta del lupo ha avuto un'evoluzione nel tempo verso un sempre maggiore utilizzo delle prede selvatiche, in particolare le specie di ungulati selvatici. Si nutre infatti prevalentemente di ungulati di taglia grossa, come caprioli e cinghiali in Appennino, con l'aggiunta di cervi e camosci nelle Alpi. Casi di predazione sugli stambecchi sono rari, mentre i mufloni furono selezionati soprattutto solo durante i primi anni di recupero delle popolazioni di lupo, siccome all'epoca i primi non disponevano di comportamenti antipredatori efficaci. Gli ungulati domestici costituiscono solo una componente modesta nella dieta del lupo grigio appenninico, con il maggior numero di casi risalenti in luoghi dove la difesa del bestiame è scarsa.
I grandi carnivori sono spesso utilizzati come specie focali (specie indicatrici, specie ombrello) nelle strategie di conservazione. Il lupo è probabilmente la specie di maggior importanza del patrimonio faunistico italiano ed è gradualmente divenuto l'elemento qualificante dei territori che occupa in termini di elevata naturalità; esso è, infatti, un carnivoro all'apice della catena alimentare e pertanto esercita un ruolo fondamentale nell'habitat in cui vive, contribuendo a regolare l'equilibrio e la diversità delle popolazioni di prede. La predazione esercitata dal lupo sulle popolazioni di erbivori selvatici contribuisce a limitarne la pressione trofica sulle componenti vegetali: questo comporta a cascata una maggiore ricchezza floristica e un diverso assetto forestale e di conseguenza favorisce la presenza di un più alto numero di specie animali che interagiscono tra loro e con le diverse componenti ambientali determinando dinamiche complesse; un chiaro esempio di ciò è avvenuto nel Parco nazionale di Yellowstone, dove la reintroduzione del lupo ha limitato la pressione esercitata dai cervidi sulle comunità forestali, che causavano fenomeni locali di erosione del terreno legati alla scomparsa della vegetazione ripariale, e ha permesso l'aumento delle specie animali e vegetali legate agli ambienti fluviali.
L'azione predatoria del lupo non solo non ha impedito un costante incremento delle popolazioni di ungulati selvatici presenti sul territorio nazionale, ma, al contrario, le popolazioni di ungulati selvatici e di lupi italiani si sono espanse sul territorio e sono incrementate numericamente di pari passo.Secondo i dati disponibili presso l'ISPRA, si evince che in Italia, negli stessi decenni di espansione e di incremento demografico del lupo, che si è espanso in gran parte dell'Appennino e delle Alpi occidentali ricolonizzando il suo areale storico di distribuzione, e del suo ritorno in regioni da cui era scomparso da secoli, tutte le popolazioni di ungulati sono aumentate esponenzialmente. Nel periodo compreso tra il 1980 e il 2010 il cervo ha incrementato la sua consistenza del 700%, il capriolo del 350% (circa 456 000 esemplari in tutto il Centro-Nord Italia e localmente nel Sud, isole escluse), il camoscio alpino del 120% e il muflone del 300%, mentre il cinghiale (Sus scrofa), ritenuta una delle specie maggiormente predata dal lupo, solo nel periodo 2004-2019 è aumentato del 400%, sfiorando il milione di esemplari.
Il lupo grigio appenninico è spesso ospite di vari parassiti. In Italia, sono stati segnalati casi di infestazione di elminti intestinali come le tenie, gli echinococchi, i mesocestoidi, le tenie canine, le uncinarie, i tossocari, gli anchilostomi, i tricuri e i tossascari. Le infestazioni dei tossocari e gli echinococchi sembrano essere correlate con l'età del lupo, mentre la specie Echinococcus granulosus appare infestare i lupi che si cibano prevalentemente di pecore. Ci sono pochi dati sui patogeni del lupo italiano, ma sono stati segnalati casi di parvovirosi canina nella popolazione appenninica nei primi anni novanta. Nelle zone in cui i lupi vivono presso le discariche, come nel caso della popolazione presso l'Appennino centro-meridionale, sono stati segnalati casi di scabbia, che può essere mortale per i cuccioli. Nelle zone meridionali dell'areale, il lupo grigio appenninico è a rischio della leishmaniosi animale, sparsa dai cani randagi.
L'uccisione deliberata da parte dell'uomo, attraverso i bocconi avvelenati, lacci e armi da fuoco, sembra essere la principale fonte di mortalità per la sottospecie sia nel territorio italiano, sia in quello francese, acuendosi soprattutto nelle zone dove il lupo è causa di conflitto con attività di carattere economico, come l'allevamento e la caccia di selvaggina ungulata. Di 60 lupi morti rinvenuti nel periodo 1984-1990, fu determinato che il 78% furono casi di bracconaggio, mentre 21 lupi furono trovati morti per bracconaggio in solo Piemonte nel 2010-2012. Stime così, però, possono sempre essere sottostimate, data la difficoltà nel ritrovare il corpo dell'animale.
L'utilizzo di esche avvelenate è particolarmente devastante perché può uccidere interi branchi, e la sua mancanza di selettività può portare alla morte di altri animali, inclusi gli uccelli rapaci e animali domestici, soprattutto i cani. Tra i veleni segnalati ci sono pesticidi (organoclorurati, organofosforici, carbammati, erbicidi) e rodenticidi (crimidina, fosfuro di zinco), alcuni facilmente reperibili, altri, come il cianuro e la stricnina, portati in Italia clandestinamente data la loro illegalità.